![]() |
||
![]() |
![]() SINDACATI Organizzazioni di rappresentanza e di tutela dei lavoratori dipendenti nelle società industriali. IN GRAN BRETAGNA, FRANCIA E GERMANIA. Comparvero nella Gran Bretagna del XVII secolo come società di assistenza e di mutuo soccorso (friendly associations); successivamente si potenziò l'aspetto di contrattazione salariale e di tutela della forza-lavoro. Verso la metà dell'Ottocento il movimento si inquadrò in organizzazioni nazionali (Grand National Consolidated Trade Union, 1834, e Amalgamated Society of Engineers, 1852), dapprima riservate agli operai qualificati e poi aperte a tutti. Questo processo complesso e articolato incontrò l'opposizione conservatrice, che tentò di bloccare le rivendicazioni ricorrendo a leggi contro l'attività cospirativa (Combination Acts, 1799-1824); la rivendicazione dei diritti sindacali si intrecciò per tutto l'Ottocento con le rivendicazioni politiche (vedi cartismo) o con disegni cooperativi, quali quello di R. Owen. Nel 1868 venne convocato per la prima volta il Trade Union Congress che divenne l'organizzazione permanente dei sindacati inglesi. Nel 1870 essi escludevano ancora i lavoratori non specializzati, a basso salario e le donne. Nell'Europa continentale il movimento sindacale, per la più tarda industrializzazione, ricevette impulso decisivo dal movimento politico socialista e dalle Internazionali, stabilendo con le esperienze politiche un legame determinante. In Francia fin dalla rivoluzione era stata approvata la legge Le Chapelier (1791) contro le coalizioni, seguita da altri provvedimenti contro le convenzioni in materia di salari. Dopo la Restaurazione i ceti operai si erano alleati coi gruppi liberali; ma con la rivoluzione di luglio (1830) l'alleanza si ruppe e negli anni seguenti si verificarono agitazioni molto violente (rivolta dei tessitori di Lione nel 1831 e 1834) cui venne data una risposta repressiva. Il diritto di coalizione per il mantenimento dei livelli salariali fu riconosciuto per legge nel 1864 dopo un periodo di intense lotte. Nei principati tedeschi le coalizioni operaie emersero solo attorno agli anni 1830-1840. Nel 1862 F. Lassalle promosse l'Associazione generale degli operai tedeschi che mirava al suffragio universale. Su questo tema le forze operaie si orientarono verso organizzazioni autonome e ottennero nel 1869 un'ordinanza industriale che riconosceva anche il diritto di sciopero. Il 1870 costituì una cesura importante in tutta Europa per i nuovi equilibri politici generali e per la chiusura dell'esperienza della prima Internazionale e della Comune di Parigi. LA DIFFUSIONE IN TUTTI I PAESI. In tutta Europa la paura dell'eversione socialista era forte, ma la diffusione dei sindacati impose il loro riconoscimento giuridico (Belgio 1866; Austria 1870; Spagna 1881; Francia 1884). In Gran Bretagna la riforma legislativa in favore delle Trade Unions nel 1870-1876 fu accompagnata dalla formazione di un comitato parlamentare, primo passo per la costituzione del Partito laburista. Negli ultimi decenni dell'Ottocento si delineò in tutta Europa un nuovo tipo di sindacalismo aperto a tutti i lavoratori, qualificati e non, su scala nazionale e per grandi settori industriali. Nacque così la Cgt in Francia (Limoges 1895). In Germania le Federazioni, ottenuto il riconoscimento nel 1890 alla fine della repressione bismarckiana, associarono tutti i sindacati dello stesso mestiere. Anche nei Paesi bassi e in Norvegia, Svezia e Danimarca alla fine del secolo si affermarono organizzazioni sindacali nazionali. Nel 1901 nacque la Federazione sindacale internazionale, con sede ad Amsterdam. L'esperienza italiana ebbe le caratteristiche di forte politicizzazione del sindacalismo continentale e rifletté a lungo i contrasti interni al movimento operaio fino alla nascita della Confederazione generale del lavoro (vedi Cgl) e delle Federazioni di mestiere (Fiom e Federterra) che non ricevettero uno specifico riconoscimento legale. Istituzioni proprie del sindacalismo francese e italiano furono gli organismi territoriali (Bourses du travail in Francia e Camere del lavoro in Italia) che divennero anche terreno di coltura dell'anarcosindacalismo. Assolutamente illegale e clandestina era frattanto ogni organizzazione operaia nell'impero zarista. Nella Spagna e nei paesi dell'America latina l'organizzazione dei sindacati fu sollecitata dagli anarchici: nel 1891 e 1892 sorsero le federazioni sindacali in Argentina e in Messico e al 1897 risalgono le prime associazioni tra i minatori cileni. Negli Stati Uniti d'America furono fondati i Knights of Labour (1869), che, raccogliendo una classe lavoratrice molto variegata, si disgregarono poco dopo. Emerse invece la American Federation of Labour (vedi Afl-Cio) che raggruppò i sindacati di Usa e Canada e che puntò sui lavoratori qualificati, sulla integrazione nei valori della società borghese e sulla pace sociale. Con ciò si ponevano le basi della prassi tradizionale statunitense, che delega allo stato la regolamentazione delle procedure contrattuali e decentra tutte le attività sindacali a livello d'impresa. Altre forme di associazionismo operaio negli Usa si ispirarono al sindacalismo rivoluzionario, come gli Industrial Workers of the World (1905) che reclutavano soprattutto minatori e braccianti. Verso la fine dell'Ottocento cominciarono anche a delinearsi nei vari paesi europei organizzazioni sindacali padronali. In Germania monsignor Wilhelm Ketteler promosse (1864) Unioni cristiane sociali che rifiutarono la conflittualità sociale e sostennero un indirizzo paternalistico (che trovò espressione dottrinaria nell'enciclica Rerum novarum del 1891). Anche in Italia e in Francia si organizzarono allora sindacati di ispirazione cattolica. Nella crisi della Prima guerra mondiale i sindacati "rossi" si adeguarono alla linea dei riformisti socialdemocratici, e talora conseguirono (come in Gran Bretagna) buoni successi contrattuali e normativi. LO SVILUPPO TRA LE DUE GUERRE E DURANTE LA GUERRA FREDDA. Nel 1919 rinacque ad Amsterdam la Federazione sindacale internazionale (Fsi), che accettò una sola organizzazione sindacale per paese, escludendo così tutti i sindacati comunisti sorti dopo la rivoluzione russa del 1917. Questi ultimi costituirono nel 1921 l'Internazionale sindacale rossa (Profintern) collegata alla terza Internazionale. Il trattato di pace di Versailles previde la creazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro nell'ambito della Società delle nazioni, ereditata dopo il 1945 dall'Onu. Negli anni fra le due guerre mondiali, dopo la fase di forte conflittualità postbellica ispirata soprattutto alla tematica del controllo operaio sulla produzione, nei paesi capitalisti emerse la tendenza a costruire un ordinamento corporato. In Gran Bretagna dopo il fallimento dello sciopero generale del 1926 le Trade Unions abbracciarono il principio della cooperazione coi datori di lavoro. In Germania la costituzione di Weimar previde consigli di gestione all'interno delle industrie e un sistema articolato di rappresentanze che doveva culminare nel Consiglio economico del Reich. In Francia, dove venne istituito un Consiglio nazionale economico, dal 1921 alla Cgt riformista si contrappose il sindacato dei comunisti. Riunificatisi nel 1936, i due sindacati conseguirono il successo degli accordi di palazzo Matignon, con cui il padronato riconobbe la libertà sindacale e i contratti collettivi di lavoro. Negli Usa dopo la crisi del 1929 sorse in concorrenza con l'Afl il Cio che fu centro di mobilitazione democratica nel New Deal (1933-1938). Nell'Urss dopo la fine della guerra civile (1922) e la Nep i sindacati si avviarono a diventare parte integrante e cinghia di trasmissione della macchina statale. Nei paesi fascisti i sindacati furono spogliati di rappresentatività democratica e diventarono parte dell'organizzazione di massa (vedi corporativismo; Carta del lavoro). Alla fine della Seconda guerra mondiale (1939-1945) il riconoscimento dei sindacati e gli sviluppi della legislazione sociale furono parte della ricostruzione democratica dell'ordine mondiale. Nei paesi comunisti i sindacati restarono inseriti nella struttura statale ma più tardi diventarono strumento d'espressione del dissenso sociale nei momenti di crisi (come Solidarno nella crisi polacca dei primi anni ottanta). Nei paesi capitalistici europei da una parte avvenne una frantumazione politico-ideologica derivante dalla guerra fredda, dall'altra si ebbero i problemi provocati da un crescente coinvolgimento nello sviluppo industriale. Su base prevalentemente politica nacquero diverse confederazioni in Francia (Cgt, Cgt-Fo, Cfdt) e in Italia (Cgil, Cisl, Uil); su base confessionale in Belgio e Olanda. In altri paesi (Norvegia, Svezia, Gran Bretagna) l'autonomia sindacale si propose in termini di scambio tra politiche di governo favorevoli ai lavoratori occupati e congelamento delle richieste salariali. Nella Repubblica federale tedesca, infine, per i sindacati fu prevista una specifica funzione di collaborazione alla gestione delle imprese, che non escluse tuttavia duri conflitti. Nei decenni successivi il ruolo dei sindacati assunse un peso crescente, anche se affrontando crisi molto rilevanti. Tra queste va ricordata la fase 1968-1974 in cui tutti i paesi dell'Occidente capitalistico furono percorsi da movimenti di massa che mutarono i caratteri delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori e delle stesse lotte operaie. La base operaia reclamò il diritto all'espressione diretta dei propri bisogni e alla gestione delle proprie lotte ed espresse una forte conflittualità. Ne scaturì un rinnovamento delle relazioni industriali che assegnava ai sindacati un ruolo rilevante nella contrattazione politica. Il prestigio dei sindacati, rafforzati da una crescita considerevole di adesioni sembrò intangibile fino agli inizi degli anni ottanta, ma la ristrutturazione produttiva degli anni seguenti pose le premesse per un ridimensionamento della loro forza. Le fila della classe operaia tradizionale si assottigliarono e i mutati rapporti economici e sociali imposero ai sindacati la ricerca di nuove vie e di nuove forme di rappresentanza. Estremamente importante continuò però ad essere l'azione svolta dai sindacati per tutti gli anni novanta. Significativo è l'accordo per il contenimento dei salari sottoscritto con il governo e Confindustria nel 1993, che permise il contenimento dell'inflazione e fu una delle basi su cui poggiarono le possibilità dell'Italia di entrare, nel 1999, nell'Unione economica e monetaria europea. L. Ganapini ![]() A. Gradilone, Storia del sindacalismo, Giuffrè, Milano 1969; I. Barbadoro, Storia del sindacalismo italiano dalla nascita al fascismo, La Nuova Italia, Firenze 1977. |
![]() |